Evento del 9 luglio 2020 alla Caffetteria Carmenini – trascrizione della mia intervista
[Manuela Carmenini] Buon pomeriggio a tutti, siamo qui in compagnia della dott.ssa Michela Arnò Psicologa Clinica laureata all’università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma: laureata con 110 e lode, in pratica una secchiona ? Comunque potete trovare maggiori informazioni su di lei sulle sue pagine social Facebook e Instagram, oppure sul suo sito www.labirintodellamente.it
Siamo qui per parlare del lockdown e dei vari stati d’animo che questo ha suscitato in tutti noi.
Per quanto mi riguarda posso solo dire che apprendere dalla TV la sera alle 11.00 che l’indomani mattina non avrei potuto aprire la Caffetteria…direi che è stato scioccante, non me ne sono resa conto subito, come se non stesse accadendo.
[Dott.ssa Michela Arnò] Beh, la tua reazione è sicuramente comprensibile, in quanto l’inimmaginabile è davvero accaduto. All’improvviso, in virtù della salvaguardia di un valore più grande, la salute e la vita delle persone, ci siamo trovati di fronte all’improvvisa totale sottrazione delle nostre libertà per volere di un’autorità superiore….senza aver commesso nessun reato! Il senso di libertà dell’essere umano a cui tutti noi eravamo abituati ci è venuto improvvisamente sottratto. Se ci pensiamo l’incubo peggiore per un individuo, la privazione della libertà, si è avverato. E non eravamo nemmeno sicuri quanto sarebbe durato….un mese? Un altro mese? Sei mesi? Il Governo non sapeva nemmeno lui cosa dire fino a pochissimi giorni prima della fine del lockdown, tutto era indecifrabile e imprevedibile….non dipendente dalla nostra volontà, eravamo in balia degli eventi e dei bollettini giornalieri della protezione civile sui numero delle vittime. Un bollettino di guerra quasi…
[Manuela Carmenini] Tutto questo nei giorni seguenti mi ha portato a riflettere sul senso di precarietà , il non sapere quando tutto questo finirà un possibile altro lockdown a ottobre o novembre, il non sapere quando si avrà un vaccino, e soprattutto, chi ci dice che fra qualche anno non uscirà un altro virus?
[Dott.ssa Michela Arnò] Certo; il senso di precarietà della nostra esistenza lo abbiamo adesso toccato con mano. Qualcosa di cui non eravamo pienamente consapevoli perché grazie al progresso, all’avanzamento , alle malattie che sono state battute dalla ricerca pensavamo che mai una minaccia del genere potesse essere completamente fuori dal nostro controllo
[Manuela Carmenini] Come possiamo affrontare questo senso di incertezza e non farci sopraffare dallo sconforto allora? Come possiamo uscire fuori da questo momento?
[Dott.ssa Michela Arnò] Nel modo in cui siamo sempre riusciti a venir fuori dalle crisi lungo tutto il corso dell’evoluzione: con la speranza. Ma non con una speranza sterile e ingenua, bensì con la consapevolezza che l’essere umano è dotato di una straordinaria capacità di adattamento. Dobbiamo avere fiducia nella nostra specie e nelle nostre capacità, perché, come diceva Charles Darwin: non sopravvive chi è più forte, ma sopravvive chi si adatta meglio all’ambiente. Questa per noi è una grande lezione di sopravvivenza. Molti di noi dovranno reinventarsi dopo questa pandemia: chi professionalmente, chi relazionalmente o chi emotivamente. Dobbiamo cogliere questa necessità di cambiamento come un’opportunità per rilanciarci e venire fuori da quelle situazioni a cui magari prima ci eravamo abituati, ma che in realtà ci stavano strette. Bisogna imparare a portare avanti i nostri progetti nonostante la precarietà, anche se può sembrare difficile. Senza avere un progetto progetto di vita,è molto difficile trovare la motivazione per andare avanti: la nostra vita deve avere un senso. Per questo dobbiamo imparare a portare avanti i nostri progetti nonostante la precarietà.
[Manuela Carmenini] Alcuni di noi avranno sicuramente trascorso i giorni di quarantena a rivoluzionare casa (compresa io ?). Da che ero abituata a lavorare tutto il giorno sette giorni su sette, ritrovarmi a casa sette giorni su sette…come dire? È stato un cambio di ritmo piuttosto stressante da sostenere….fremevo, ero nervosa…
[Dott.ssa Michela Arnò] anche questa reazione è molto riconoscibile: abbiamo tutti vite frenetiche, siamo costantemente mossi da un moto perpetuo di impegni da gestire e cose da fare. Non dobbiamo faticare per trovare cose da fare, sono le cose da fare che sanno sempre come trovare noi ? Gestire questo “vuoto” all’improvviso non è affatto facile, ci provoca irritabilità, irrequietezza…oltre che veniamo all’improvviso e senza la nostra volontà strappati via dalle nostre abitudini. L’essere umano è un essere abitudinario. Ci vuole poco a prendere un’abitudine, ma è molto più dura liberarsene….fino a crearcene delle nuove. Detto questo, è sicuramente utile allenare la pazienza, perch”e anche questo si può imparare. E questa pandemia ce ne ha sicuramente offerto l’occasione.
[Intervento dal pubblico] Io mi sono sentita sotto pressione perché la mia azienda si è riconvertita a produrre DPI per il Covid: avevo i bambini a casa con le videolezioni ed io ero più impegnata di prima…tantà responsabilità, dovevo fare tutto, molto più di prima.
[Dott.ssa Michela Arnò] Ecco un’altro esempio di grossa sfida per l’adattamento! All’improvviso ci dobbiamo adattare a condizioni di lavoro e di ménage familiare a cui non eravamo assolutamente preparati. Pensiamo ad esempio la sfida che hanno avuto i giovani a dover passare dall’oggi al domani alle lezioni a distanza! E loro sono giovani…pensiamo invece a tutti quegli insegnanti (giovani e meno giovani) che si sono dovuti improvvisare in questa modalità nuova e complicata delle videolezioni….per alcuni deve essere stato un vero trauma. Da docenti esperti, professionali e preparati, alcuni di loro all’improvviso si sono confrontati con i propri limiti….
E poi ancora, come nel caso di Valentina, genitori che si sono trovati all’improvviso a dover lavorare da casa e contemporaneamente seguire i figli piccoli con le videolezioni. Senso di responsabilità per il proprio lavoro in conflitto con il senso di responsabilità di genitore..molte emozioni contrastanti qui…che si sono scontrate anche con il bisogno di dover far tutto bene, di essere perfetti, anche con esigenze inconciliabili.
[Manuela Carmenini] E ci siamo ritrovati ad inventare l’impossibile..
[Dott.ssa Michela Arnò] infatti. Dobbiamo imparare ad essere più compassionevoli con noi stessi. Dobbiamo riconoscere quando abbiamo delle attenuanti per non aver potuto obiettivamente fare di meglio, permetterci di essere persone umane, con dei limiti. La perfezione non esiste: a volte siamo più compassionevoli con gli altri che con noi stessi, dobbiamo essere soddisfatti con il pensiero che comunque abbiamo fatto del nostro meglio, e la pratica rende migliori.
[Manuela Carmenini] i primi giorni di aprile sono andata al Bambin Gesù a donare il sangue; a parte lo scenario scioccante di vedere il centro di Roma deserto, non ho potuto fare a meno di pensare ai bambini; al telegiornale non si sentiva altro che della didattica a distanza, con tutte le difficoltà del caso, ma questo lockdown ha portato innumerevoli disagi alla categoria degli “invisibili” : i disabili, bambini e non, terapie sospese, analise e visite solo quelle urgenti, loro hanno sofferto molto questo lockdown. Le donne e i bambini vittime di violenza. Gli anziani soli, le tante, troppe persone che lavorano in nero e che si sono ritrovate senza nulla. Insomma una catastrofe sociale.
[Dott.ssa Michela Arnò] Qui Manuela tocchi davvero un argomento difficile. È come se la catastrofe portata da questo virus abbia tolto un fitto velo di inconsapevolezza sotto cui tutto il “sommerso” veniva come tenuto al di fuori della nostra consapevolezza. Ora siamo costretti a confrontarci con molti problemi che affliggevano il nostro paese già molto prima della pandemia.
Personalmente mi trovavo in servizio al reparto di Psichiatria di un grosso ospedale di Roma al momento del lockdown. Molti pazienti, dall’oggi al domani, semplicemente abbandonati, cause “forza maggiore”. Ho vissuto in prima persona lo smarrimento, la paura, il senso di abbandono di molti dei nostri pazienti. Ho naturalmente continuato a seguirne alcuni da casa via telefono, ma non è la stessa cosa. Il contatto umano, quello è ancora insostituibile. Molti pazienti si sono sentiti abbandonati a loro stessi, in preda al terrore. Non dimentichiamoci che anche i centri diurni sono stati chiusi; io personalmente ho prestato servizio al Centro di Salute Mentale di Ciampino, quindi conosco bene quanto questo sia un centro di riferimento importantissimo sia per i pazienti che per le loro famiglie. Immagina solo quanto possa essere di supporto per molte famiglie la possibilità di poter parlare con dei professionisti in qualsiasi giorno della settimana (a parte la domenica), dalle otto della mattina alle otto di sera. Trovare il sostegno di qualcuno che ti ascolta, conosce perfettamente il tuo problema, la tua situazione, e ti offre un aiuto, un sostegno, dove nessun altro può davvero farlo. Senza contare le attività pomeridiane organizzate dal centro, che oltre ad avere un preciso scopo terapeutico e di integrazione sociale per i pazienti, hanno anche un grosso valore di sostegno per le famiglie, che in quelle ore almeno in cui il loro familiare è impegnato con le attività del centro, possono riposarsi. Ricordo quanto a servizio eravamo vicini alle famiglie: conoscevamo tutti i singoli membri per nome, le loro storie. Ci sentivamo alla fine anche noi parte della loro famiglia, condividevamo le loro sofferenze. Questo improvviso lockdown mi ha fatto capire quanto fossimo importanti per loro. Quanto, tutto sommato, nella nostra comunità, i servizi offerti da molti centri diurni facciano davvero la differenza nella vita delle persone. Vorrei far riflettere su come, in molti paesi europei, questo servizio non è gratuito e non è affatto così scontato.
Oltre a ciò, la pandemia ha purtroppo esacerbato le problematiche di violenza domestica.
[Manuela Carmenini] Eh sì ! Mi sento in dovere di ringraziare il sindaco e l’assessore agli Organi Istituzionali e alla Pubblica Istruzione Anna Rita Contestabile aver promosso l’iniziativa del numero verde antiviolenza e stalking 1522 attivo h24. Vorrei ribadire a questo proposito quanto sia importante denunciare, anche se può sembrare difficile; mi appello a tutte le donne vittime di violenza, mi raccomando: cercate aiuto. Rivolgetevi ai centri specializzati sul territorio che possono fornirvi tutta l’assistenza necessaria, non siete sole. Se ne può uscire.
[Dott.ssa Michela Arnò] Verissimo. Situazioni familiari già “al limite” sono state tragicamente aggravate dalla pandemia. La convivenza forzata tra le mura domestiche non ha lasciato alcuna possibilità di scappare dal confronto e scontro. Alcune persone si sono davvero sentite in trappola, sole o, peggio, rinchiuse in gabbia col loro carnefice. Come anche, inutile tacerlo, la pandemia ci ha anche reso testimoni anche di altri eventi molto tristi, come l’aumento dei suicidi.
Ma senza volersi soffermare solo su questi casi eclatanti, molte relazioni comuni ne sono comunque uscite trasformate. Alcune coppie hanno deciso di andare a convivere durante la pandemia, che quindi è stata anche un trampolino di lancio per testare se la coppia fosse solida abbastanza per la convivenza.
Ma non solo: La convivenza costante e prolungata senza essere interrotta da impegni fuori casa ha fatto emergere problematiche anche in alcune coppie conviventi ormai stabili e collaudate. È normale discutere di più, avere più occasioni di confronto, ma anche essere più irascibili a causa delle preoccupazioni per il proprio lavoro, la propria salute o quella dei propri cari. Oppure, in alcune situazioni dove si era stabilito un equilibrio grazie al fatto che ognuno dei partner conduceva un’appagante vita sociale al di fuori della coppia, la quarantena ha fatto riemergere tutte quelle conflittualità che rimanevano nell’ombra. Compromessi che prima si erano accettati, non vengono più tollerati. Le discussioni che ne sono derivate hanno in alcuni casi consolidato la coppia, ma in altri l’hanno fatta “scoppiare”. Non dimentichiamo poi coloro che prima della quarantena portavano avanti una relazione clandesitna extraconiugale, in cui l’amante fungeva da vero e proprio “collante” per la coppia. L’avere una relazione extraconiugale aiuta in certi casi a sentirsi comunque liberi, a non aver fatto grandi rinunce, ad accettare i compromessi con più leggerezza. Il non poter più vedere l’amante in questi due mesi e mezzo ha avuto conseguenze emotive disastrose.
[Manuela Carmenini] Dopo il 14 aprile mi sono sentita tanto arrabbiata, ero consapevole che era una cosa più grande di me, più grande di tutti, ma ero lo stesso arrabbiata. Ricordo una bruttissima sensazione di impotenza. Ecco: l’impotenza mi fa tanto arrabbiare. Il non poter far nulla per cause di forza maggiore mi manda fuori di testa.
[Dott.ssa Michela Arnò] certo, è normale. È una normale reazione psicologica all’impotenza. Un conto è un situazione di pericolo in cui, anche se si è spaventati, alcuni individui si fanno forza e cercano di fronteggiarla facendo appello a tutte le loro risorse. Altro conto è una situazione del genere: un virus invisibile, da cui nessuno sa difendersi, di cui nessuno sa dare risposte, di cui se ne conosce solo la letalità. Quando un individuo è reso impotente, il sentimento di rabbia per la propria impotenza è una naturale conseguenza. È l’impossibilità di difendersi o di reagire che ci rende rabbiosi. L’impossibilità di combattere. Finché possiamo combattere, non ci arrendiamo. Ci diamo una speranza, anche se piccola. Quando niente dipende da noi, siamo fuori controllo, in balia degli eventi. È come essere in un ring con un avversario aggressivo e gigantesco, ma abbiamo mani e piedi legati al palo e aspettiamo solo di ricevere i colpi.
[Manuela Carmenini] e poi è subentrata quella profonda tristezza….non so. Triste per me, la Caffetteria, i clienti che mi mancavano, i morti di Covid, l’umanità tutta…quando ho visto tutta quella desolazione per le strade di Roma mentre guidavo per andare a donare il sangue, i camion dell’esercito che portavano via le bare…..
[Dott.ssa Michela Arnò] certo, l’ho provata anch’io, e come noi , molti altri credo. Io l’ho provata quando la TV ha trasmesso le immagini dei molti, troppi, carri dell’esercito che trasportavano le salme dei deceduti di Covid. Chi potrà mai dimenticare quelle immagini? Anche i fortunati che non hanno avuto parenti o conoscenti colpiti dal virus, e che quindi vivevano la minaccia ancora come qualcosa di lontano, forse difficile da credere, si sono confrontati con il dramma. Sono state immagini indelebili. Tantissime salme di persone come noi, avvolte in lenzuoli imbevuti di disinfettante, morti lontani dai loro cari tra le più atroci sofferenze, verosimilmente con molta paura. E che dire delle loro povere famiglie? Non hanno potuto salutare i loro cari, essergli vicino nell’ultimo respiro, confortarli….ma anche prenderne congedo, dare un ultimo saluto e un posto, una dimensione di realtà al proprio lutto. Terribile. Uno scenario inimmaginabile per i nostri tempi del progresso, in cui tutto ruota attorno all’evitamento della sofferenza dell’uomo. Tutto il nostro progresso, la nostra tecnologia, non è riuscita a salvarci. Le conseguenze psicologiche che questi lutti non risolti avranno su molte persone, sono inimmaginabili. L’unica cosa che possiamo fare è pensare che questa è solo una fase della nostra vita. A cui si susseguiranno delle altre.
[Manuela Carmenini] …sì, concordo pienamente….e che dire delle lunghissime file ai supermercati, con la mascherina e i guanti…file interminabili per i beni di prima necessità…praticamente come in guerra….
[Dott.ssa Michela Arnò] Sì. Situazioni a cui non eravamo affatto abituati. Anche se, ammetto, a un certo punto l’andare a fare la spesa è per me diventata l’occasione per uscire di casa e vedere finalmente persone…. Devo dire però con un certo orgoglio che tutti i cittadini ciampinesi si sono comportati in maniera esemplare, rispettando le file, aspettando il proprio turno con pazienza, comprendendo la gravità della situazione. Un mio personale grazie anche a tutti quei cassieri del supermercato che, pur essendo spaventati proprio come noi, non si sono sottratti al nostro servizio. Ci siamo prodigati nel ringraziare i notri “angeli” medici e infermieri molti dei quali sono purtroppo caduti prestando servizio in questa pandemia, o si sono ammalati gravemente, ma le forze dell’ordine, i nostri addetti ai supermercati hanno anche prestato il loro lavoro con responsabilità e dedizione alla comunità. Non dimentichiamolo. Sono stati momenti di paura per tutti, anche per loro quindi. Anche loro hanno famiglie che li aspettano a casa. Anche loro sono stati molto preoccupati per i loro cari.
[Manuela Carmenini] e poi è subentrata la fase due, in cui si poteva finalmente uscire ma indossando sempre le mascherine e mantenendo la distanza di sicurezza. Anche questa fase non è stata così semplice come ci si aspettava….leggevo il tuo articolo sulla “sindrome del prigioniero”, ci puoi spiegare di cosa si tratta?
[Dott.ssa Michela Arnò] Sì. È una condizione psicologica molto frequente negli individui che hanno vissuto lunghi periodi di prigionia. È stata osservata e studiata scientificamente per la prima volta dai colleghi nei paesi scandinavi, dove i rigidissimi inverni costringono le persone a rimanere in casa anche per diversi mesi all’anno. Come dicevamo poc’anzi, l’essere umano è abitudinario e si adatta. Due mesi e mezzo di confinamento in casa sono bastati per abituarsi a trovare consolazione e rifugio dal pericolo tra le mura domestiche. Ci siamo pian piano costruiti un nuovo habitat tra le mura domestiche, arricchendolo di cose che ci fanno sentire bene: c’è chi ha sfornato pizze e dolci ritrovando il piacere e il tempo di prendersi cura della propria famiglia, c’è chi ne ha approfittato per riscoprire nuovi o vecchi hobby. Tutto questo ci ha fatto ritrovare il piacere nelle cose semplici, avendo il tempo per attività ricreative senza “obblighi”. Oltre a ciò, le moderne tecnologie ci hanno permesso di mantenere il contatto con i nostri amici anche a distanza: anzi, paradossalmente abbiamo avuto più tempo per lunghe videochiacchierate. Per questo è normale avvertire un certo disagio nell’abbandonare il proprio “nido”, che ci ha offerto ristoro, protezione e tranquillità per due mesi e mezzo. Riprendere il tran tran della vita quotidiana, il doversi riadattare alle regole della convivenza sociale, come ad esempio il vestirsi adeguatamente, salutare cordialmente anche chi non ci è simpatico….il problema è, per alcuni individui più a rischio di altri, che più si rimane in casa, meno si ha voglia di uscire….
[Manuela Carmenini] ho la convinzione interiore che si possa trarre qualcosa di positivo da questa esperienza!! Penso anche a tutti coloro che hanno paura per il loro lavoro, per coloro che purtroppo lo hanno già perso. Cosa possiamo dire loro?
[Dott.ssa Michela Arnò] sicuramente, come abbiamo già detto, avere fiducia nella propria capacità di adattamento. Anche se ci vorrà tempo. È l’unica cosa che possiamo fare. Questa crisi porterà necessariamente profondi cambiamenti, speriamo anche miglioramenti di situazioni che prima della pandemia erano già disastrose. Impariamo a cogliere le opportunità: non rimaniamo isolati, non chiudiamoci in noi stessi e nella nostra disperazione. Apriamoci agli altri, parliamo con gli altri: molto spesso, le occasioni e le soluzioni ci arrivano dal parlare con gli altri. A Ciampino siamo una grande, ma allo stesso tempo una piccola comunità: usiamo il contatto con le persone. Possono essere una preziosissima fonte di informazioni, oltre che di sostegno, fondamentale. Apriamoci al dialogo e a riconoscere le possibilità che ci possono venire offerte sotto diverse vesti. Anche l’idea di realizzare questo evento, Manuela, è nata per caso, ma anche perché tu hai avuto l’idea e conoscevi già me. Non abbiamo avuto bisogno di internet per trovarci, tu l’hai pensato, me ne hai parlato, me lo hai proposto un giorno che sono passata in Caffetteria: lo abbiamo fatto succedere insieme, con naturalezza e semplicità. Conoscendo molto bene lo spessore che ti sei sempre impegnata di mantenere in tutti gli eventi culturali che hai organizzato finora nella tua Caffetteria, ho accettato molto volentieri. Questo ci insegna quanto a volte, le azioni più semplici possano essere le più significative. Se aspettiamo sempre che succeda qualcosa di eclatante per riconoscerne l’importanza e le potenzialità, potremmo aspettare per sempre. Dobbiamo allenarci a fare questo: trarre opportunità dalle cose semplici. Ma questo naturalmente può avvenire solo frequentando persone positive. È l’unico modo che abbiamo ora: crearci le opportunità, adottare un comportamento proattivo anziché passivo, anziché restare in balia degli eventi, meglio agire “sugli eventi”. Proprio come hanno fatto i nostri nonni nel dopoguerra forse, con speranza e determinazione. Parlare con gli altri aiuta sempre. E poi ci sono sempre gli psicologi, che ci possono aiutare a fare ordine nelle nostre idee, a rimettere tutto in prospettiva….ma qui faccio pubblicità alla mia categoria…. ?
[Manuela Carmenini] Sì, concordo pienamente con questa idea della piccola comunità la riconosco pienamente. Io non sono di Ciampino e non ci abito, eppure mi sento molto più radicata in questa comunità che in quella di Roma. Sono ormai parte di questa comunità, e con la mia Caffetteria cerco di offrire il mio contributo. Tanto più che il mio lavoro è fatto “di persone” e “per le persone”, quindi sono sempre in contatto con quello che avviene nella comunità. Devo dire ad esempio che son rimasta colpita dalle iniziative di solidarietà che Ciampino ha organizzato per sostenere i cittadini durante la pandemia, io stessa ne ho fatto parte nel coordinamento della raccolta alimentare, nella distribuzione dei pasti preparati dal Comune, consegna della spesa e di medicinali, quindi parlo per esperienza diretta. È verissimo che molte cose si sono gestite male e sono stati fatti degli errori, ma è giusto anche riconoscere le cose positive, è giusto soffermarsi anche sul fatto che questa pandemia non ha solo tirato fuori tutto il male dalle persone, ci sono stati anche moltissimi esempi in cui ha tirato furi anche il bene.
[Dott.ssa Michela Arnò] giustissimo! Molto bello anche quello che hai detto sul concetto di Comunità. Una risorsa preziosa che tutti noi dobbiamo riscoprire. L’eccessivo tempo passato sui social o con altre forme di intrattenimento digitale ci può spesso portare ad isolarci dal contatto “reale” con le persone. L’essere umano è per sua natura “relazionale”, la mia pratica clinica me lo dimostra ogni giorno. E mi dimostra ogni giorno anche quanto le relazioni che nutrono possono fare moltissimo. Senza voler qui aprire tutto il discorso sugli Hikikomori, una nuova forma depressiva che colpisce chi si aliena dalle relazioni interpersonali e trascorre tutte le sue giornate solo davanti al pc. Argomento che magari potremmo approfondire in un altro evento se Manuela vorrà di nuovo ospitarci ?
[Manuela Carmenini] ci sono insegnamenti, cose positive che ci farebbe bene tenere a mente, Michela che ne pensi?
[Dott.ssa Michela Arnò] certo: questo è anche quello che ci salva da ogni esperienza negativa: saper sempre e comunque trarne degli insegnamenti! Questa pausa forzata ci ha di nuovo ridonato il tempo “del vuoto”.
[Manuela Carmenini] come in musica! Le pause in musica sono fondamentali per un brano musicale
[Dott.ssa Michela Arnò] esattamente! Il tempo che alcuni di noi sono riusciti a riempire con la riflessione è fondamentale nella ricerca dell’armonia della propria vita. Riflessione su come stava andando la nostra vita, su quanto era in linea con i nostri ideali ed i nostri obiettivi. Questa pausa forzata ci richiama ad un senso di maggiore responsabilità e consapevolezza delle nostre azioni, di quanto in realtà potremmo cambiare nella nostra vita se ci dedichiamo attenzione. Il cambiamento richiede un tempo per la progettazione, ma anche un tempo per l’implementazione, affinché si possa intervenire concretamente sulle vele che danno direzionalità alla nosta vita. Se questo tempo sospeso ci abbia permesso di implementare anche il più piccolo cambiamento, sarà già una vittoria.
Ho sentito una volta l’intervento di una collega che diceva quanto la frenesia della vita quotidiana in realtà ci tenga al sicuro dal dover prendere decisioni. Io penso che abbia ragione. Manteniamo il contatto con noi stessi, assumiamoci la responsabilità delle decisioni, e soprattutto troviamo il coraggio di prenderle. Solo così potremmo riappropriarci della nostra vita e cercare di intervenire consapevolmente su cosa non va. Usciamo dalla passività e diventiamo attori protagonisti.
[Manuela Carmenini] è anche vero che spesso ci troviamo di fronte a difficoltà che ci sembrano insormontabili
[Dott.ssa Michela Arnò] verissimo: ma anche in quel caso, l’unica cosa che possiamo fare per non arrenderci all’abbattimento è cercare di capire dove e come possiamo trovare spazio di manovra. Un piccolo spazio di manovra c’è sempre. Il problema è riuscire a riconoscere le strade percorribili quando si è caduti in uno stato di disperazione. Ma è anche per questo che abbiamo bisogno di relazioni positive.
[Manuela Carmenini] Ad oggi posso dire che mi sento in una fase di “accettazione dopo aver attraversato stati stati d’animo e dopo aver “interiorizzato e digerito” tutti questi limiti che mi sono stati imposti per un bene più grande cerco con quello che ho di migliorare ciò che sono: come ad esempio questo incontro…anche io ho passato la fase in cui me la prendevo col mondo intero, ma alla fine a cosa serve? In cosa mi aiuta? A nulla. Ho provato a concentrarmi sulle cose positive c’è una fase che dice: “ ogni grande crisi rappresenta un’opportunità…ho passato settimane a ripetermi questa frase, ma le opportunità io non le vedevo proprio, guardavo nella direzione sbagliata; oggi è un’opportunità avere una Caffetteria, posso organizzare incontri come questo per offrire un confronto alle persone….a tutti noi e questo non è poco. Durante questo lockdown ho visto così tanta solidarietà che non immaginavo, e questo mi dice che il mondo non è così marcio come vogliono farci credere. Ci sono tante cose belle e buone, in ultima analisi credo stia a noi decidere a cosa dare importanza.
[Dott.ssa Michela Arnò] è proprio così.
[Manuela Carmenini] Ti ringrazio Michela per la tua partecipazione a questo evento
[Dott.ssa Michela Arnò] No, grazie a te per l’invito Manuela, a presto!